Se dovessi raccontare in una parola sola la mia esperienza al
MetDietCamp* di Cagliari, sceglierei di sicuro la parola
disegnare. Tutti i momenti che si sono susseguiti infatti, in modi diversi, ci hanno spinto in questa direzione.
Iniziando dalle facce di molte persone, che sinora avevo conosciuto solo in rete, e che finalmente si sono disegnate davanti ai miei occhi in tutto lo splendore dei loro sorrisi.
Poi, il laboratorio fotografico e il suo racconto di come sia possibile disegnare con la luce.
Infine, quello di cucina: un continuo disegnare anche qui: di sapori e di profumi.
Ma andiamo con ordine. O, almeno, proviamoci…
Il laboratorio fotografico…
“La fotografia è un’azione immediata; il disegno una meditazione.”
.. protagonista
Alessandro Guerani, che ha raccontato di come – in fin dei conti – fotografare non sia altro che un modo di disegnare utilizzando la luce. Partendo da quello che – parlando di fotografia – resta il punto di partenza irrinunciabile: non basta pensare che per scattare una foto basta fare click e affidarsi agli automatismi presenti su ogni macchina. Certo, tecnicamente si può fare… perché no? Otterremo foto sicuramente accettabili dal punto di vista tecnico ma che non racconteranno nulla del *nostro* sguardo sul mondo e del nostro modo di vedere le cose.
Perché una foto – si sa – non è la macchina a farla, ma soprattutto la nostra testa: che usa luce e macchina fotografica per disegnare l’immagine che abbiamo in mente.
“Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l’immagine di un’idea”.
Il secondo passo, poi, per scattare una bella foto è imparare a conoscere la luce e le ombre. Per addomesticarle e piegarle alla nostra volontà non occorrono grosse attrezzature. Si fa con quello che si ha a disposizione: una finestra, magari una tenda bianca leggera, un tavolino dove allestire un piccolo set (fosse anche solo un piatto, un bicchiere, una tovaglia) e un pannello riflettente. Anche qui, nulla di straordinario: un rettangolo di polistirolo, per esempio, basta e avanza perché le ombre si ammorbidiscano.
Nel pomeriggio, invece il laboratorio di cucina.
Inizia Luigi Pomata, parlando dell’evoluzione dei metodi di cottura e di quanto la tecnologia, se ben usata possa avvantaggiare sia dal punto di vista del tempo che dei risultati. Il microonde, per esempio: spesso ab-usato per scongelare in fretta (orrore!) per cotture per cui non è assolutamente adatto ma che risulta una carta vincente nel caso si intendano realizzare piatti per cui è necessaria una cottura lunga, o a bassa temperatura. Le cozze, ad esempio, cotte davanti ai nostri occhi in pochi minuti in un contenitore coperto da pellicola in modo da favorire lo sviluppo di vapore e mantenere il più possibile inalterata l’integrità di aspetto e di sapore.
E poi il discorso sul come, anche in cucina, gli elementi di crisi possano trasformarsi in opportunità. La celiachia, ad esempio, e la necessità di pensare a nuovi tipi di pasta adatti anche a chi ha questi problemi. E del suo riuscirci utilizzando il legumi: fagioli, lenticchie o ceci cotti a lungo in forno e poi macinati e impastati come fossero farina, per ottenere qualcosa di molto simile alla pasta. Solo nell’aspetto però: perché il sapore resta sorprendente. Certo, non è una novità assoluta. Non lo è, infatti, dal punto di vista della materia: la farina di ceci è già abbondantemente nota ed utilizzata. La novità è nel trattamento finale: la bollitura in acqua e l’aggiunta del sugo come condimento. Da provare presto, magari saltando le fasi preliminari e partendo da farina di ceci già pronta… potrebbe funzionare!
A seguire, lo Chef tunisino Jaudet Turki ci presenta tre insalate. Molto mediterranee, sia nell’aspetto che nel sapore: la prima, di verdure crude, la seconda di verdure grigliate, la terza di carote. Interessanti tutte, sicuramente, ma la mia preferita resta – per novità di gusto, soprattutto, dovuta alla miscela di spezie utilizzate – quella di carote. Accanto a loro, un involtino croccante ripieno di tonno: le dita di Fatma. Ottimo e perfettamente complementare, senza alcun dubbio.
Poi, ancora, altre preparazioni (ad opera dello Chef George El Kik, libanese), come il kebbeh in teglia o in polpetta (una preparazione a base di manzo e agnello tritati , burghol e menta) e l’hummus (la tipica e notissima crema di ceci arricchita da sesamo in crema e succo di limone).
Per finire, lo chef egiziano Moustafa El Refaey che ci delizia innanzitutto con una tazza di kardadé e con il racconto di come prepararlo al meglio (a cominciare dalla scelta: comprare solo sacchetti trasparenti, avendo cura di controllare che i fiori in basso – perché di fiori di tratta in fin dei conti, fiori di ibisco – siano perfettamente integri. Se sono rovinati è segno di cattiva qualità del prodotto ed è quindi meglio desistere). Poi, la sua preparazione classica ma anche consigli d’uso come il mescolarlo a preparazioni a rischio di ossidazione, come il frullato di fragole, per rafforzarne il tono di rosso.
Finito il laboratorio di cucina, tocca a Carlo Cambi: purtroppo ho potuto ascoltare solo in parte quanto aveva da raccontarci dato che il mattino dopo – quando invece era previsto il momento del dialogo con lui – sono dovuta andare via. Pochi minuti, ma sufficienti a regalarmi la forza di una conferma. Che ho voglia di raccontarvi usando le sue parole. Che ho trovato bellissime e di cui lo ringrazio.
“…Ci siamo confrontati con molte food blogger; ne è emersa, per me almeno, una gustosa speranza: quella che si possa finalmente fare cultura gastronomica partendo dai sentimenti, dalla passione, dal desiderio di proporre un nuovo/antico credo culinario e di proporsi come “apostoli” del buono. Nel senso più alto e complesso del buono: buono da mangiare, da offrire, da pensare. Credo che grazie a Med Diet, alle Città dell’Olio si sia fatto un deciso e decisivo passo avanti. Io sono troppo agée per mettermi a trafficare sul Web, ma ho abbastanza energia per condividere un percorso che porti alla ri-alfabetizzazione gastronomica partendo dalla diffusione di una agri-cultura, dalla valorizzazione dei territori come agglomerati geo-antropici, dalla illustrazione delle prassi di cucina come tessere della nostra identità complessiva e dia come risultato una nuova/antica cucina degli affetti. Ho trovato nelle colleghe pozzi di competenza, giacimenti di consapevolezza e oceani di passione. E mi hanno restituito una carica positiva: quella di percorrere insieme, ognuno con i propri strumenti, ognuno con le proprie sensibilità, questa strada del buono. Grazie colleghe. E’ stato un atto vitale che almeno per un giorno mi ha riconciliato con i buoni pensieri. Sono convinto che riusciremo a farci ascoltare, ma soprattutto che riusciremo a restituire alla cucina il suo più alto valore oltre le mode, vicino agli umani bisogni che talvolta diventano sogni”.
Insomma, una stupenda esperienza. Che mi ha regalato momenti di felicità e di crescita. Di cui ringrazio ancora la
Città dell’olio e
Patty per avermi consentito di viverla.
*Il MedDiet Camp è il primo dei cinque grandi eventi pianificati da MedDiet, progetto strategico finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013. Con un budget complessivo pari a circa 5 milioni di euro e una durata di 30 mesi, il progetto mira a promuovere e valorizzare la Dieta Mediterranea, riconosciuta Patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco nel 2010. Oltre all’Italia, che partecipa con Unioncamere in qualità di capofila, il Centro Servizi per le imprese della Camera di Commercio di Cagliari, il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio e l’Associazione nazionale Città dell’Olio quali partners, il progetto coinvolge altri 5 Paesi del Mediterraneo (Egitto, Grecia, Libano, Spagna e Tunisia).