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“Report? Un’ottima trasmissione: su come NON si fa la pizza napoletana”

Ciro Salvo-8

Va bene, ce lo aspettavamo. Era chiaro sin dalle anteprime video che il tono sarebbe stato di un certo tipo: ormai, pare caratteristica irrinunciabile  di ogni tipo di informazione  il tono allarmistico e l’annuncio shock… poteva mai Report rimanere indietro rinunciando alla sua parte di audience? No di certo. Ed ecco allora la messa in onda,  ieri sera, di un”ottima trasmissione, su come NON si fa la pizza napoletana.

Come abbiamo potuto vedere ed apprezzare, infatti NON si fa ponendo scarsa attenzione alle materie prime. Cosi’ come non si fa pretendendo di fare quel lavoro in condizione di ignoranza su argomenti come le farine e le loro caratteristiche. E utilizzando con negligenza strumenti come i forni: il risultato, lo abbiamo visto tutti, è una pizza nera sul fondo e bruciata. Fa male, certo, così come fa male una grigliata fatta male: ma soprattutto è cattiva di sapore e amara. Insomma,  se uno di pizza ne capisce un po’ la rimanda indietro al volo, per non rischiare di sentire in bocca il sapore di fuliggine al solo guardarla.

Ciro Salvo maestro della pizza napoletana

Peccato che però ci sia limitati ai toni allarmistici e agli annunci shock: il tempo dedicato agli artigiani seri è stato minimo, e oltretutto il montaggio ha fatto sì che le loro parole quasi scomparissero nel marasma delle informazioni catastrofiche. Ciro Salvo, per esempio, presentato come un artigiano serio – per carità – ma che non rinuncia pure lui ad affumicare la pizza per darle un colore che altrimenti non avrebbe. Oppure Gino Sorbillo, che si è visto dedicare ben una decina di secondi, per raccontare del suo sforzo nella difesa della tradizione della pizza napoletana.

Ora è vero che i problemi ci sono e sono seri, così come è vero che purtroppo quella condizione corrisponde alla maggior parte dei pizzaioli  – non solo napoletani –  ma credo sia un peccato che non si sia scelto di puntare di più sul racconto della qualità che artigiani come i già citati Ciro Salvo e Gino Sorbillo (per non parlare poi di Francesco&Salvatore o Enzo Coccia o Franco Pepe o Maria Cacialli ma anche altri) stanno già facendo da tempo.  Se  la trasmissione avesse dato maggiore spazio alla qualità, avremmo sicuramente assistito all’effetto di una spinta dei i consumatori verso questa. E verso i pizzaioli sani e seri. Ma non lo hanno fatto. Il rischio, visti i toni, è che dopo ieri il consumatore televisivo si sia convinto che sia meglio la pizza fatta in casa, magari con un dado di lievito per mezzo chilo di farina (come consigliato dai più diffusi ricettari casalinghi) o, peggio, della superiore qualità della pizza congelata industriale rispetto a quella artigianale.

Non mi incazzo e non faccio vittimismo (ci mancherebbe. Anzi, sia chiaro, non sopporto chi lo fa e chi grida al complottismo contro Napoli: non credo sia questo il modo giusto di rispondere) perché, parliamoci chiaro, non credo che questa trasmissione danneggi in alcun modo chi lavora in modo serio. Tutt’altro. Mi dispiace che sia stata un’occasione sprecata in fatto di “tutela del consumatore”. La scarsa qualità di parte – gran parte – del panorama della pizza napoletana è stata presentata come caratteristica inevitabile quando invece non è affatto vero che lo sia. Un modo insomma per creare allarme fine a se stesso. Avrei preferito un altro tipo di trasmissione, che partisse dal racconto della qualità e spiegasse ai consumatori di pizza che dalle situazioni come quelle di ieri sera ci si  difende in un solo modo: pretendendo la qualità e scegliendo accuratamente i tavoli dove sedersi.

Non mi incazzo, preferisco parlare di qualità e non di polemiche da audience. Per esempio, lasciando la parola a Gino Sorbillo su come si fa una pizza di qualità. Cose che a Report non hanno ritenuto giusto dover fare.

 

Gino Sorbillo

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