APremessa. Questo post è un furto ai danni di Antonio Tombolini, una delle prime persone che ho avuto la fortuna – o la sfiga, tutto dipende dal punto di vista (variabilissimo) dal quale si osservano le cose – di conoscere in rete. Con lui, come con altri, posso dire di avere condiviso un percorso al cui dipanarsi appartengono anche questo blog e gennarino.org
E’ successo lo scorso millennio, in un newsgroup: it.hobby.cucina. In cui, per assoluto caso, ci siamo ritrovati in diversi (che non sto a citare) a dividere e a raccontare la nostra passione per la cucina. Ultimamente, per iniziativa di alcuni dovuta ad una crisi improvvisa di nostalgia, ci siamo ritrovati in un gruppo su fb nato – anche – per ricordare due di noi che non ci sono più. E allora è stato normale ieri sera, preparando gli spaghetti alle vongole, ricordare questo vecchio post (di Antonio appunto) che raccontava del silenzio necessario a spurgare le vongole.
E sorridere al ricordo di Aldo e Claudio.
Vongole = sabbia: che fare?
Appena entri a casa col tuo kilo di vongole nella busta, buttale nella vasca del lavandino, tappata, contenente abbondante acqua fredda salata. Esse vongole, restando li’ per almeno 1/2 ora, se di piu’ e’ meglio, rilasceranno (quasi) tutta la sabbia spontaneamente.
Qual e’ l’agente, il principio attivo di tale miracolo? L’acqua? nonono! Il sale? nonono! Il freddo? nonono!
E’ il silenzio: gia’, perche’ la cosa funzioni bisogna fare silenzio.
L’acqua salata serve solo a simulare il loro ambiente naturale, cosicche’, dopo essere a lungo rimaste rinserrate in se stesse, conservando gelosamente quel pochillo di acqua marina imprigionato tra le valve durante la cattura, le vongole siano – con l’inganno, ebbene
si’ – indotte ad aprirsi, a darsi una sciacquata. Ma se voi, una volta immersele, prendete ad agitarle, a sbatacchiarle, a farci cadere dentro questo e quello… Non succedera’ niente, se ne resteranno chiuse nel loro egoismo: SILENZIO, dunque.
Al momento opportuno, preleva le vongole dal loro ritrovato e illusorio habitat, ponile in pentola larga su fuoco vivace, senza aggiunta alcuna, e incoperchia. Dopo un po’, rimesta, perche’ a
ciascuna sia data la giusta dose di calore che, uccidendola – questo e’ cio’ che accade, sissignori – uccidendola, dicevo, la induca a rilassare i muscoli e ad aprir le valve.
Appena aperte, toglile dal fuoco, e conserva il liquido prodotto in una bacinella, lasciandolo depositare.
Per il resto, per la ricetta degli spaghetti alle vongole – vermicelli, per me, grazie – da dire resta davvero poco. Solo la raccomandazione della qualità: sono quattro ingredienti, necessario che siano *buonissimi*. A cominciare dall’extravergine, che io uso fruttato leggero in questo caso, passando per la pasta (che mi piace rugosa, a lenta essiccazione, che rilasci la giusta quantità di amido per formare la cremina. In questo caso, ho usato il vermicello n. 10 della Garofalo) e finendo all’aglio: se è stagione, come ora, ottimo quello fresco. Insostituibile. Per il resto, la preparazione è semplicissima.
Mettere a bollire l’acqua per la pasta. Nel frattempo, fare scaldare dell’olio in un padellone e farvi rosolare lentamente dell’aglio schiacciato.
Una volta cotta la pasta, che andrà lasciata bene al dente (al chiodo, per meglio dire), scolarla e ripassarla nel padellone insieme al liquido rilasciato dalle vongole (ben filtrato) facendola saltare in modo che assorba bene il sugo. Aggiungere quindi le vongole, mescolare e servire aggiungendo prezzemolo fresco e pepe nero macinato al momento.
Per me, niente prezzemolo grazie: è un di più. E, come amava ripetere Antonio: il di più, viene dal maligno.