Inutile negarlo, la ricetta degli spaghetti alla carbonara è sempre materia di discussione. Basta nominarla, e ogni volta il dibattito divampa. Pancetta o guanciale? Oppure Bacon? Panna sì o panna no? E magari se ne discutesse non calma
Dire che la carbonara è stata inventata dagli americani significa accontentarsi di un’informazione superficiale assai. Che ignora la tradizione del cacio e ova e della gricia, tanto per fare un esempio. Non ci sono notizie precise, come di tanti altri piatti della tradizione italiana, di cui fino all’Artusi, vigeva la regola di trascrivere le sole ricette nobiliari. Quelle povere, popolane, erano affidate alla tradizione orale: il che non vuol dire che fossero inesistenti.
Sicuramente non è piatto romano: nei libri di cucina romana non se ne trova traccia fino al dopoguerra e questo ha sicuramente contribuito alla storia secondo cui sarebbero stati gli americani ad inventarla. Ma questo non credo debba generare sorpresa: la stessa amatriciana, resa famosa anche lei dalla associazione con la città di Roma – non è nata in città. Ma appunto ad Amatrice, città degli spaghetti. Poi, il flusso migratorio avvenuto verso la città ha finito per portare sotto le luci della ribalta cittadina questa ricetta povera e di paese, finendo per rendere la versione a base di bucatini – nata e diffusa in città, appunto – persino più famosa dell’originale. Grazie ad Aldo Fabrizi, per esempio. O alla Sora Lella.
Resta però vero un fatto, che ripeto da sempre e che mi è piaciuto ritrovare nelle parole di Luciano Monosilio, uno dei migliori interpreti di questo piatto (la cui ricetta – con i rigatoni però – trovate qui):
“Io conosco un’altra storia, quella che mi raccontava mio nonno. Lui era un minatore di carbone, marchigiano. Quando andavano in montagna, questi infaticabili lavoratori portavano con loro il guanciale, alimento grasso e proteico. Ci preparavano la Gricia, pasta con guanciale e cacio, e aggiungevano le uova per avere un piatto ancora più nutriente. Quindi si faceva con il guanciale e il pepe è stato aggiunto per ricordare la fuliggine, memoria del carbone, da cui poi ha preso il nome”.
In ogni caso, qualunque siano le origini della ricetta degli spaghetti alla carbonara che preferite, ricordate sempre le regole fondamentali:
– guanciale, e non pancetta. Rosolato ha un sapore più rustico e meno pungente e sapido della pancetta cotta. Dettagli che fanno la differenza.
– padella di ferro: ungetela appena e mettete il guanciale a freddo. Fate sudare a fuoco basso e rosolate solo alla fine. Tirateloo via, poi, e tenetelo in caldo aggiungendolo al piatto solo alla fine. Non deve riempirsi di uovo ma rimanere pulito e croccante. Solo così si creerà quel contrasto che è una delle anime di questo piatto.
– panna sì o panna no? Panna no, la cremosità dovete ottenerla grazie alla temperatura. La pasta non va mescolata con l’uovo sul fornello ma lontano da questo. Se non siete rapidi, riscaldate la ciotola scolandovi l’acqua di cottura della pasta: questo vi aiuterà moltissimo. Oppure usate tuorli d’uvo congelati: il massimo della cremosità con il minimo della fatica. Oppure, ancora, mescolate uova e formaggio in una ciotola appoggiata su una pentola in ebollizione: ma mai sul fuoco, sarebbe frittatina. E questa, si sa, in fatto di carbonara *è la morte sua*.
il resto (parmigiano o pecorino? uovo intero o solo tuorli? etc.) secondo me va a gusti. Questi per me restano i punti fermi e irrinunciabili della ricetta degli spaghetti alla carbonara.
E i vostri, quali sono?