Non sapevo cosa aspettarmi da Cultural Paris, e sono stata in dubbio fino all’ultimo se andarci oppure no. Poi, ho ceduto: non capita spesso l’occasione di andare a Parigi e fermarsi ad osservare con quali occhi – e quale gusto – venga vissuta dai francesi la cucina italiana.
E ho fatto bene.
Cultural, infatti, non è il solito congresso di cucina (e solito, in questo caso, non è usato nella sua accezione negativa). Anzi, per meglio dire non è neppure un congresso. Forse, trattandosi di cucina, sarebbe più giusta la parola *pentolone*: sì, perché la sensazione più potente che ho vissuto in questi tre giorni parigini è quella di un mescolio continuo e interessante tra produttori e consumatori. Per esempio nessuno è stato per conto suo: tutti hanno, nel corso delle ore, provato combinazioni con altri espositori, per offrire combinazioni di gusto inaspettate e a volte persino sorprendenti (penso per esempio al pomodorino candito de i Sapori di corbara accompagnato al blu di bufala, e a molto altro).
Tra organizzatori, poi: basti pensare che ho pensato di andarci per fotografare e mi sono ritrovata ad aiutare Giovanni d’Apice nella preparazione della degustazione di pasta ed altri prodotti.
Tutto questo, immersi in un turbinio di persone: non credo accada tutti i giorni di essere serviti al tavolo da Jacques Genin – che alla cena della vigilia dell’apertura ci ha servito, da perfetto anfitrione, i piatti di pasta preparati da Peppe Guida.
E di entusiasmo: leggibile, tutto, negli occhi degli assaggiatori d’oltralpe.
Insomma, un evento che ho vissuto non solo con interesse ma anche con gioia e cui spero di tornare presto (magari anche nell’edizione Materana). Certo, ci sono stati momenti organizzativamente difficili ma credo sia normale in situazioni in cui più che l’ufficialità del congresso l’obiettivo della manifestazione è l’offerta di un’esperienza a base di sapore (arricchita anche da numerosi ed importanti cooking show, che non cito per non rischiare di far torto a chi dovessi dimenticare: li trovate tutti nella home di Cultural).
L’obiettivo penso però sia stato raggiunto in pieno: e questo racconto del territorio fatto attraverso un percorso tra i sapori italiani credo proprio che abbia lasciato il segno in chi – come me – ha avuto la fortuna di viverlo.