Qualche foto, per provare a raccontare del Borgo del fiordo di Furore (SA). Perché se è la seconda stella a destra ad indicarmi il cammino, io non posso che scegliere di seguirla fino ad un un luogo come questo: un paese che non c’è.
Il borgo del fiordo di Furore non è un paese vero e proprio ma solo un grappolo di minuscole case (monazeni) cresciuto al fianco di una delle pareti scoscese, alle quali si arriva scendendo lungo una serie di scale o di sentieri tortuosi. Questi partono dalla strada costiera – che attraversa il fiordo grazie ad un ponte – oppure da Agerola da dove scendono lungo il sentiero degli dei sino alla spiaggia, cui è sufficiente avvicinarsi perché il mondo estraneo a quel luogo quasi cessi di esistere. Grazie alla conformazione del fiordo, infatti, sulla riva non arrivano altri rumori oltre a quello del mare, del vento e ai versi degli uccelli marini che nidificano sulle rocce a strapiombo.
Una volta percorse le scale, c’è un solo modo per vivere un posto come questo: sedersi sulla riva e fare silenzio. Il rumore delle onde renderà facile chiudere gli occhi per ritrovarsi immersi in qualcosa che assomiglia all’incanto, dove tutti i rumori del luogo lentamente si fondono in un unico suono in grado di catturare chiunque. Non è un caso che Li Galli, che la leggenda vuole siano i corpi pietrificati delle sirene, siano a due passi da qui: perché se in natura davvero esiste un suono simile al loro canto, è in posti come Furore che è possibile riconoscerlo ed ascoltarlo. Per poi rimanerne ammaliati per sempre. Assomiglia ad un sussurro, lieve e persistente, cui è facile abbandonarsi insieme alla sensazione – irragionevole eppure inevitabile – che in buona parte sia formato dalle parole di promessa pronunciate dalle infinite coppie che nel corso di secoli si sono seduti su quei gradini, su quella riva, e rimaste ad aleggiare per sempre nell’aria.
Promesse fatte anche di eternità – sin troppo facili, in un luogo come questo, che all’eterno finisce per assomigliare – forse simili a quelle che nello stesso luogo si scambiarono anche due amanti celebri come Anna Magnani e Roberto Rossellini, che nella primavera-estate del 1948 proprio a Furore alloggiarono mentre giravano alcune scene del secondo episodio del film Amore.
Tanto potente dovette però essere il legame con quei luoghi che Anna Magnani decise di acquistare un’abitazione del borgo (che ribattezzò – con una autoironia rara a quei tempi “Villa della storta“) distante solo pochi gradini dal Monazeno del dottore“, che invece ospitava il regista. Non durò a lungo quell’amore: solo il tempo delle riprese del film. Dopo, nella vita di Rossellini arrivò la Bergman e fu la fine tra lui e la Magnani che abbandonò la casa al suo destino e a Furore non mise più piede.
Ma tutto questo, guardando il mare del fiordo non ha alcuna importanza. Perché a Furore il paesaggio stesso è promessa di eternità, ed è sufficiente vagare con lo sguardo per ritrovare ovunque traccia dello splendore di un sorriso.
E per ritrovarsi a sorridere a propria volta, scoprendo di essere capitati in uno di quei rari posti in cui è sufficiente guardarsi intorno per tornare a credere, anche solo per un attimo, che persino la felicità sia un’eventualità possibile.
Per vedere le foto, passarvi sopra con il mouse.
Questa, invece, la prima parte del film Amore