Gli spaghetti al pomodoro alla don Alfonso sono un piatto semplicissimo, che sa di estate, per implorare una stagione che non ne vuole sapere di arrivare. Ancora ora, mentre scrivo ascoltando il concerto del primo di maggio, sta diluviando. Tuoni fortissimi, che fanno quasi paura. E io sono fortunata: solo ieri sera, a pochi km da casa, si è sfiorata la tragedia. Una tromba d’aria: tanti danni ma per fortuna nessuna vittima. Solo che proprio nelle stesse zone, giusto un anno fa (all’anniversario mancano solo due giorni), un’ altro tornado. Per non parlare poi dell’alluvione, una ferita ancora aperta che provoca paura ad ogni rovescio un po’ più lungo ed intenso della media. E il terremoto, che ormai si avvicina al suo secondo, terribile, anniversario. Insomma, non se ne può più: piove sul bagnato, e non è solo un modo dire.
E allora, forse proprio per provare ad esorcizzare un po’ di questi brutti pensieri – inevitabili, con un tempaccio come quello di ieri sera! – e per provare l’olio dell’oleificio cooperativo di Venafro ho scelto un piatto che sapesse d’estate. Come colori, il rosso del pomodoro per me *è* il colore dell’estate più di quanto lo sia l’azzurro del cielo e del mare, come profumo e – soprattutto – come sapore. Un piatto semplicissimo, tutto affidato alla bontà delle materie prime. A cominciare dalla pasta: scegliete pure la marca che volete, purché sia a lenta essiccazione e trafilata al bronzo, la differenza la sentirete al primo assaggio. Certo, è un po’ più cara delle altre ma una coccola ogni tanto – almeno a tavola – ce la meritiamo.. o no? E poi il pomodoro: il massimo sarebbe avere quello del piennolo. Ma siccome non si può avere tutto dalla vita, ci si può accontentare anche di datterini. E poi, aglio – buono, anche questo: se poi magari è pure fresco… – basilico e soprattutto l’olio. Ce ne vuole uno saporito ma non prepotente, che consenta di esagerare un po’ con la quantità senza che il suo gusto sovrasti quello degli altri ingredienti. E all’assaggio, l’olio di Venafro si è rivelato perfetto. Del resto, è un olio famoso sin dall’antichità: Marco Terenzio Varrone (116 a.C.- 27 a.C.) nell’elencare i prodotti agricoli migliori citava l’olio di Venafro:
M. Terenzio Varrone, Rerum rusticarum libri tres, I, 2, : ” Quod far conferam Capuano? Quod triticun Apulo? quod vinus Falernus? quod oleum Venafro?”.,
E poi Catone, che nel De Agricoltura suggerisce di vendere le olive pendenti prendendo esempio da Venafro:
“Olea pendens hac lege venire oportet. Olea pendens in fundo venafrano venibit”
Un olio che ancora oggi è prodotto è prodotto da sole olive del territorio (della zona della pianura di Venafro e dei rilievi circostanti), lavorate in giornata, ed esclusivamente per mezzo di procedimenti meccanici – spremitura a freddo – con macine in pietra e presse idrauliche.
L’olio perfetto, insomma, per completare un piatto fatto soprattutto di semplicità, anche se l’ispirazione – mi si perdoni tanta audacia – viene da una ricetta di Alfonso Iaccarino. Il piatto, insomma, che ho scelto per La Cucina dell’extravergine di oggi.
Per questi spaghetti al pomododoro (per quattro persone) ho usato:
Ingredienti
360 g di spaghetti artigianali trafilati in bronzo (io avevo in casa quelli del pastificio Leonessa)
400 g di pomodorini (perfetti, sarebbero quelli del piennolo ma ormai non è stagione)
3 spicchi di aglio
olio di oliva extravergine, più o meno mezzo bicchiere
4 foglie di basilico appena staccate dalla pianta, più quattro per decorare
sale
Procedimento
Ho soffritto l’aglio in metà dell’olio, e ho aggiunto i pomodorini (dopo averli schiacciati tra le dita). Ho cotto quindi per circa 5/6 minuti a fuoco molto vivace – importante, questo dettaglio, per mantenere la consistenza dei pomodorini – ed ho salto a fine cottura. Una volta spento, ho aggiunto basilico tagliato a julienne.
In un’altra padella ho fatto poi soffriggere l’aglio nell’olio rimasto. Intanto, ho cotto gli spaghetti scolandoli molto al dente (calcolando un paio di minuti di ulteriore cottura dopo la scolatura) che ho poi finiti di cuocere in padella con l’aglio e l’olio soffritti precedentemente.
Ho servito facendo un nido con gli spaghetti ed adagiandoci sopra i pomodorini, decorando con le foglie di basilico.
Pur nella loro semplicità, hanno un tocco diverso e particolare. La pasta cotta in bianco, ha il gusto ed il profumo potente di un aglio ed olio e crea un contrasto perfetto con la dolcezza del pomodorino. Fondamentale, ripeto, cuocere i pomodorini a fuoco vivace, dopo averli un po’ *schiattati* tra le mani. In questo modo, si ammorbidiscono senza dare il tempo alla pelle di separarsi dalla polpa e diventando quasi un morbido confit. E rendono il piatto di spaghetti al pomodoro una cosa completamente diversa dal solito: sia per il contrasto, di cui dicevo prima, e sia per la sorpresa di sapore e consistenza che sono in grado di regalare se si mangiano gli spaghetti avendo cura di metterci un pomodorino in mezzo.