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“Non so voi, ma io oggi mi vergogno.”

Già, mi vergogno.

Sono partita, stamattina, dicendo pubblico un post: doveva essere il primo della serie invernale e, una volta tanto, a base di carne. Guanciale in umido, di quelli che producono un sugo perfetto per condire la pasta. Con la carne che alla fine è come piace a me, morbida e gelatinosa. Un burro: si scioglie in bocca. E – dulcis in fundo – costa pure poco: il guanciale, qui in Emilia almeno, è considerato carne di seconda scelta e per questo viaggia intorno agli otto euro al chilo.
Sono partita, dicevo, post producendo le foto. Mi sembrano belle, perlomeno ad un primo sguardo. Ma non sono riuscita a concentrarmi sul lavoro. Cercavo di usare Lightroom ma non riuscivo a togliermi dalla testa una frase…

 “N. 11, maschio, forse 3 anni”

e le immagini della tragedia di Lampedusa. Accaduta, stando a quanto raccontato dai sopravvissuti, perché qualcuno a bordo ha avuto la sciagurata idea di accendere un fuoco per farsi notare da un peschereccio che stava passando poco lontano. A parte l’avventatezza della mossa – un suicidio, su un vecchio barcone di legno – quei disgraziati non potevano immaginare l’inimmaginabile. Che probabilmente non è vero che le due barche passate nelle ore precendenti non li avessero visti: semplicemente, erano obbligati – per legge – a tirare dritto. Già: per legge. Grazie alla legge Bossi-Fini, infatti, chiunque porti in Italia dei migranti senza permesso è accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e non fa differenza che si tratti di persone che stavano annegando. E’ già accaduto che persone siano state processate per avere salvato in mare dei migranti destinati a morte certa.
 

“Dopo il naufragio di Lampedusa, il sindaco Giusi Nicolini ha parlato di tre pescherecci che si sarebbero allontanati e non avrebbero soccorso i migranti in mare «perché il nostro paese ha processato i pescatori che hanno salvato vite umane per favoreggiamento all’immigrazione clandestina». Il riferimento del sindaco era probabilmente all’episodio dell’8 agosto del 2007 quando i capitani tunisini di due pescherecci salvarono 44 naufraghi provenienti dall’Africa che stavano per affogare e li portarono nel porto più vicino, quello di Lampedusa. Subirono un processo lungo quattro anni (con una prima condanna a più di due anni), 40 giorni di carcere e il sequestro degli strumenti di lavoro. In effetti, il Testo Unico sull’immigrazione prevede il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chiunque porti in Italia dei migranti senza un visto d’ingresso, in contrasto però con la Convenzione SAR del 1979 che impone sempre e comunque il soccorso in mare e l’accompagnamento dei naufraghi in un luogo sicuro.”

Ci ho provato, confesso, a continuare a lavorare alle foto ma alla fine ho rinunciato. Troppo grande la vergogna di appartenere ad uno stato per cui è reato soccorrere persone che stanno annegando. E troppo grande la rabbia di sentire ripetere che gli italiani sono gente di grande cuore, che se avessero visto sarebbero intervenuti. Chi lo dice, mente, sapendo di mentire: anche perchè se fosse vero che nessuno ha visto quella barca arrivare, dovrebbe dimettersi anche il ministro della difesa che, evidentemente, non riesce a garantire le nostre coste visto che le barche possono arrivare così, senza che nessuno se ne accorga.

Ieri sera, poi, mi è toccato pure spiegare ad Irene cosa è successo a Lampedusa e perché hanno fatto un minuto di silenzio a scuola. E quando mi ha chiesto “ma possibile che non li abbia visti nessuno?”  non sono riuscita a non dirle la verità.

E da quel momento  ho una vergogna addosso enorme: quella di essere italiana, di appartenere ad uno stato che impone a degli uomini di lasciare morire altri uomini. Di appartenere ad un popolo che ha dimenticato che – neanche tanto tempo fa – una volta i migranti eravamo NOI.

E viaggiavamo, e a volte morivamo, nello stesso modo.

Eppure lo sapevamo anche noi 
l’odore delle stive 
l’amaro del partire 
Lo sapevamo anche noi…

Passerà, certo, per fortuna in italia esistono anche persone come i Lampedusani, ancora una volta lasciati soli a gestire l’orrore. Ma oggi, di cucina, non ho alcuna voglia di parlare.

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