“L’immagine che più è in grado di raccontare della mia cucina, è quella di mia nonna. Seduta, con un setaccio in mano, avvolta nelle foglioline di origano che volano nell’aria…”
Probabilmente, il segreto della cucina di Pietro è tutto qui: nell’amore per la propria terra. Ed per le persone che questi frutti sono ancora, testardamente, in grado di regalare attraverso il proprio lavoro: fatto di gesti antichi, spesso dimenticati, considerati troppo lenti e dispersivi per il mondo di oggi, persino in quello gastronomico. Casari per esempio, che producono ricotta a mano, magari partendo da caglio di foglie di fico. Oppure agricoltori, che difendono i frutti della propria terra nonostante il mercato, come nel caso delle albicocche vesuviane, offra ai coltivatori cifre vergognose come cinque centesimi al chilo.
Una cucina poverissima, sotto certi aspetti: fatta di ingredienti semplici e poco costosi ma frutto della ricerca costante e personale delle piccole produzioni locali da valorizzare e sostenere. E impreziosita e valorizzata dall’estro e dalla padronanza tecnica di Pietro, capace di trasformare sapori ed ingredienti antichi in preparazione nuove ed originali, in grado di lasciare sbalorditi.
Le melanzane alla parmigiana in vasetto, per esempio: rese cremose dalla lunga cottura a vapore (150 minuti) che trasforma l’insieme in una crema sorprendente, sia per il gusto che per la consistenza, assolutamente inaspettati.
Oppure l’insalata di gamberi e albicocche del Vesuvio: sorpresa, anche in questo caso. Quella dell’accostamento del gambero alla morbida dolcezza di un albicocca del Vesuvio e al sapore croccante di un’insalata di verdure dell’orto. In mezzo, scaglie di primo sale: autoprodotto, in questo caso.
All’arrivo poi del prosciutto di annecchia (manzo) con giadiniera, portulaca e acciuga, lo stupore aumenta. Non solo per l’idea – strepitosa – di trasformare in proprio in prosciutto un pezzo di manzo ma per l’accostamento originalissimo, capace di rendere nobile la povertà estrema di un’erba da nulla nell’accostamento a questo prosciutto. Per non parlare poi del connubio di sapori, in cui la delicatezza dell’erba si sposa in maniera perfetta alla sapidità del prosciutto.
Poi, un concetto vecchio: una zuppa di pane e verdure. Ma raccontato in modo diverso. Sul fondo del piatto, un mascuotto (fette di pane casereccio, biscottato), poi fagiolini lessi, cipolla e sedano. In più, contrasti: il croccante delle zucchine crude, il morbido del pomodoro emulsionato con olio. E quello finale, tra temperature: ingredienti freddi, piatto caldo.
Un attimo di sosta, con un tris di gelati. Sorbetto al limone, gelato al limone e gelato alle noci e nocciole. Tutti, senza addensanti ne’ basi. nei due gelati cremosi, al posto di queste, ricotta artigianale di pecora. Una cremosità eccezionale unita ad un sapore nuovo ma antico al tempo stesso.
E il dolce, stupendo anche da vedere: una frolla all’albicocca del Vesuvio, accompagnata da gelato e nettare. Già assaggiati da soli, erano buonissimi. Ma, insieme, a strati, sfioravano il commovente. Contrasti di sapori e consistenze, inaspettate e coinvolgenti.
Infine, un altro classico, un’altra rivisitazione. Crema e amarena, accostata ad una sfoglia quasi volatile, tanto era leggera. Grazie alla lavorazione, che vede i giri classici della sfoglia interrotti da un lungo riposo in frigorifero (almeno venti ore).
Tutto questo, oltretutto, ad un prezzo praticamente irrisorio: la scelta di prodotti del territorio, a km 0 nel senso più vero del termine, e l’acquisto da produttori locali senza intermediari consente a Pietro di offrire le sue creazioni a prezzi bassissimi. Un esempio? Il menù assaggio a km zero, a 20 euro.
Insomma, se capitate in zona andateci di corsa. E poi magari raccontatemi: scommettiamo che rimarrete stupiti, esattamente come me? Io spero di tornarci presto. Anzi, prestissimo.
Ristorante Era Ora, via Trieste 147 Palma Campania. Tel. 3398587591
Ps. in coda a questo post, consentitemi un ringraziamento tutto particolare a Pietro, che ha devoluto il ricavato di decine delle sue crostatine all’albicocca (non so il numero esatto, perdonatemi) alla Lucciola, di Stuffione di Ravarino, gravemente danneggiata dal terremoto, la cooperativa di cui fa parte la Lanterna di Diogene. Prova incontestabile del fatto che l’amore per la terra, quando è autentico, è amore per la terra tutta. Non solo per la propria.