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“Di tavole imbandite davanti a cumuli di macerie e di tortelli fritti. Al Savòr.”

tortelli savor
Certo, uno potrebbe dire: “ma come, a due passi da te hanno passato un guaio enorme, c’è gente che è rimasta senza casa e senza lavoro, vive in tenda con quaranta gradi all’ombra e voi ne raccontate parlando di cucina?
Certo, potrebbe. Anzi, possibilissimo che lo dica. Soprattutto se ha la pretesa di essere almeno un po’ sano di mente. Ma se da una bocca escono quelle parole, siatene sicuri, non siete davanti ad un emiliano. Perchè chi appartiene a questa terra, il legame con il cibo, e – perché no? – con la convivialità, non lo dimentica neanche in momenti come questi.
“Nueter emilian à iom tremè col teremot… à som spavintè e

à iom
anca sighè… ma bisogna ander a lavurer e alla sira cateres a tevla per una fetà ed salam un po’ ed persut ed Perma e un bel bicer ed lambrusc…”*
Non ci credete? Fate male: guardate questa foto scattata a Finale Emilia, dove i cittadini della zona più colpita hanno deciso di organizzare questa cena trenta giorni dopo il terremoto del 20 maggio che ha quasi distrutto la cittadina della bassa modenese.Niente lacrime e niente rimpianti ma solo sorrisi. Poi, pane e salame e un bicchiere di Lambrusco.
 
Gli emiliani cosi’ sono, ne racconta anche Pederiali, nel “Drago nella fumana”. Che proprio a Finale è ambientato, ed inizia proprio con la descrizione di una cena. Quella di addio Mezaroja, che la mattina dopo doveva buttarsi nel canale.
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Ma non divaghiamo. La cucina, quinsi, credo sia il modo migliore di raccontare di questa gente. E per farlo ho scelto una ricetta di quelle “antiche”, a base di mosto cotto, di frutta e – soprattutto – di attesa.Innanzitutto, la base: il Savòr, che si puo’ fare anche partendo direttamente dal mosto, facendolo ridurre fino a che diventi la metà, e i cui ingredienti mutano secondo le stagioni e i gusti.

500 gr di saba (mosto cotto)
200 gr di pere
200 gr di polpa di melone
50 gr di gherigli di noce
1 limone
200 gr di mele renette
200 gr di polpa d’anguria
200 gr di polpa di zucca
1 arancia
Mettete la saba sul fuoco in una grande pentola, insieme alle noci tritate, la frutta a fettine e la scorza degli agrumi.
Fate bollire per circa 3 ore, a bassa temperatura, schiumando ogni tanto e facendo attenzione che non attacchi.
Quando il tutto si e’ ridotto di 1/4, spegnete il fuoco e conservare in vasi di vetro a chiusura ermetica.
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Poi, la pasta.
500 gr di farina debole
4 uova medie
150 gr di zucchero
50 gr di burro
12 gr di cremor tartaro
8 gr di bicarbonato
(o, in alternativa, 1 bustina di lievito chimico non vanigliato)
Inoltre:
strutto per friggere
zucchero semolato
Alchermes, per bagnare (facoltativo)
Impastate, anche nel mixer, tutti gli ingredienti fino ad ottenere una palla, quindi prelevate l’impasto e lavoratelo rapidamente a mano sul tagliere.
Tirate la pasta con il mattarello sottilmente ma non troppo, avendo premura di infarinare bene il piano di lavoro. Disponete distanziate delle nocciole di ripieno sulla pasta e ricopritela con un altro lembo di pasta come per fare dei ravioli. Sigillate bene tutto intorno al ripieno, pigiando con i polpastrelli, quindi ritagliate a rettangolini con una rotella dentata.
Friggete i tortelli in abbondante strutto, ben caldo, avendo cura di cambiarlo qualora dovesse scurire, fino a quando non saranno uniformemente dorati. Prelevate con una schiumarola, sgocciolateli brevemente su carta da cucina e cospargeteli, ancora caldi, di zucchero semolato.A questo punto, l’ultimo ingrediente: l’attesa: non mangiateli subito, se ci riuscite. Dopo uno o due giorni sono ancora più buoni, più morbidi e profumati. Perfetti per mangiarli pensando a questa terra e alla sua gente. E, nel nostro piccolo, al modo di aiutarli. Perchè non si può lasciare solo un popolo in un momento come questo: soprattutto quello emiliano che della solidarietà ha fatto una bandiera. Da sempre.

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Il vino consigliato da Luciano Pignataro.

“A questo piatto così complesso, ricco, difficile da preparare sposiamo l’Albana di Romagna passito 2006 di Raffaella Alessandra Bissoni, piccolissima azienda di Bertinosoro: frutta matura, grassezza, morbidezza e in bocca struttura e giusta acidità.”*

noi altri emiliani abbiamo tremato con il terremoto… ci siamo spaventati e abbiamo anche pianto… ma bisogna andare a lavorare e alla sera sedersi a tavola per una fetta di salame, un po’ di prosciutto di Parma e un bel bicchiere di lambrusco…

 
pS. Oggi, insieme a me, Daniela Paglia, con la sfogliata degli ebrei di Finale. Una preparazione splendida, eppure sconosciuta.
 

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