Sì, va bene, ho adottato un lievito madre: ma che ne faccio della pasta dei rinfreschi?
Come Usare gli scarti di lievito madre? Ecco, da quando mi occupo di lievito madre, e sono circa quindici anni (almeno a quella data risalgono le tracce in rete dei miei post sull’argomento) questa è una delle domande che mi sento porre più spesso: “va bene, rinfresco. Rinfresco spesso, rinfresco pure con manitoba visto che sostieni che sia meglio ma che ne faccio delle quantià enormi di blob che mi trovo a produrre?”
Già… cosa farne?
Per quanto mi riguarda, la risposta è molto semplice: ne faccio esattamente quello che farei con una buona farina. La uso. La uso come fosse farina cioè, tenendo conto del fatto che non ha ancora potere lievitante (altrimenti, che lo rinfrescavo a fare? :)) o, meglio, ha un potere lievitante molto minore di un lievito maturo. E la uso come acqua, anche: cioè peso la quantità di pasta che devo utilizzare, la peso e calcolo ad occhio la percentuale di idratazione. Per questo, non c’e’ bisogno di essere precisi al grammo: al momento dell’impasto definitivo correggerò l’eventuale errore di stima. Aggiungendo farina o acqua, a seconda del caso.
Il risultato?
Un buon pane, decisamente. Ben lievitato grazie all’azione del lievito di birra me profumato *quasi* come se fosse lievitato naturalmente.
Come procedo?
Facile. Supponiamo che dopo il rinfresco mi ritrovi con 150 gr di pasta madre e che sia decisamente troppa da conservare tutta. Allora, ne metto via la metà e l’altra la sciolgo in 150 gr di acqua e la mescolo ad altrettanta di farina. Ottengo così una specie di poolish, che lascio fermentare qualche ora.
Quando in superficie appare ben bolloso, passo all’impasto vero e proprio. Mescolo cioè questo lievito liquido con 500 gr di farina (io ho usato la caputo blu) e 300 gr di acqua in cui ho sciolto 5 gr di lievito di birra. Amalgamo un po’ e poi aggiungo 12 gr di sale sciolti in 20 gr di acqua. Impasto bene, aiutandomi con una spatola se procedo a mano oppure a bassa vecità in planetaria e metto a lievitare.
Poi, procedo come al solito, per esempio come per questo pane: dopo un’ora un giro di pieghe. Poi aspetto mezz’ora e faccio un altro giro. Ancora mezz’ora e metto in forma. Aspetto ancora e poi, via, in forno sulla pietra refrattaria ormai calda. Dopo una decina di minuti, ho abbassato a 230°, poi – sempre dopo dieci minuti – a 200°. Ho portato quindi cottura, ci sono voluti circa 60 minuti, ed ho terminato tenendo la pagnotta in verticale, appoggiata alla parete del forno, per una decina di minuti circa.
Una precisazione: ovviamente, queste non sono dosi rigide ma solo suggerimenti. Per esempio, visto che gestire un impasto ad alta idratazione come questo non è semplicissimo, se non siete pratici potete ridurre un po’ la quantità di acqua. Insomma, usate questo post come uno stimolo, più che una ricetta.