Non ho mai amato la pasticceria calabrese quando ero piccola, lo confesso: troppo pesante e mielosa, pensavo, e poco dolce. E poi ero abituata malissimo: vivendo a Salerno, avevo ampia scelta di pasticceria Napoletana, babà, sciù, cassatine e zuppette (tanto per fare qualche nome tra i miei dolci preferiti) e pensavo che quei dolci tanto rustici e pesanti cui avevano inutilmente tentato d abituarmi i miei parenti durante le visite natalizie proprio non potessero reggere il confronto. Unica eccezione, il torrone: che era tradizione preparare nel paese di mio padre (Soriano Calabro, il paese dei mostaccioli) e di cui andavo matta. Mi piaceva perché era morbido, dolce ed aromatico, e spesso ricoperto di glassa al cioccolato bianca o nera. Ne avrei mangiati quintali, e di quintali ne mangerei ancora oggi, se solo la bilancia me lo permettesse.
Ma bando alle ciance e passiamo alla ricetta del torrone fatto in casa
Ingredienti per un kg di torrone fatto in casa
250 g di miele di arancio
100 ml di acqua con 410 di zucchero
40 g di albume
600 g di mandorle
100 g di cedro candito, tagliato in pezzettini piccoli e regolari.
buccia di un’arancia grattugiata
vaniglia in polvere
1 foglio di ostia (non indispensabile, se non la trovate fatene pure a meno)
Procedimento
Si inizia tostando le mandorle in forno a 180° fino a che non avranno raggiunto un aspetto dorato (inizierete a questo punto anche a sentirne il profumo).
Intanto (importante che le due cose vengano fatte contemporaneamente, in modo da poter usare le mandorle ancora calde) mettere il miele in un pentolino e portarlo alla temperatura di 120° e – pure questo contemporaneamente – montare gli albumi (collocati in una ciotola piuttosto grande). Una volta pronto il miele, allontanarlo dal fuoco e mescolarlo per un paio di minuti in modo da fare abbassare un po’ la temperatura. Aggiungerlo poi a filo all’albume montato, continuando a fare andare le fruste per circa 5 minuti.
Ora, lo zucchero: va messo in un tegamino con l’acqua e portato a 147° , versandolo poi a filo nella meringa. Continuare quindi a montare, e aggiungere la buccia grattugiata e la vaniglia. Un po’ per volta, inizierà ad indurirsi, quindi è bene tenerlo d’occhio in modo da passare, al momento opportuno, all’uso di un cucchiaio di legno oppure al gancio per impastare (se stiamo usando una planetaria casalinga). A questo punto, aggiungere la mandorle e, una volta incorporate queste, i canditi. Continuare a impastare ancora per qualche minuto.
Prendere quindi un foglio di ostia e dividerlo a metà, posizionandone una sul tavolo. Rovesciare quindi il torrone – ora morbido e colloso, anche se consistente – e schiacciarlo con le mani bagnate in modo da livellarlo. Volendo fare un lavoro perfetto, si può fare come per stendere la frolla, usando due bacchette laterali di riferimento. Coprire quindi con l’altra ostia e, con l’aiuto di un mattarello, stendere in modo regolare fino ad uno spessore di un centimetro e mezzo ca.
Lasciarlo quindi raffreddare per un’ora circa e tagliarlo in pezzi nella grandezza desiderata.
E quale vino? Ancora una volta, su questo, la parola a Luciano Pignataro: “Obbligato l’abbinamento con il Moscato di Saracena, scegliete voi se Viola o feudi di Sanseverino, in una regione che mostra di credere sempre più nel vino dolce”.
Nota mia: qui lo dico e qui lo nego ma non credo che l’ostia sia indispensabile. Anzi, la prossima volta lo farò glassato al cioccolato, sia bianco che scuro, e non la userò. Per cui, se volete provarci, ma rinunciate per il fatto che non riuscite a procurarvi l’ostia, sappiate che potete farne a meno. In questo caso, stendetelo tra due fogli di carta forno, magari leggermente unta con un olio non di oliva, e livellatelo. Una volta freddo e duro, togliete la carta e tagliate in pezzi della dimensione che desiderate.